05 Jul
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A essere interessati dalla proposta di moratoria di 18 mesi, che impedirebbe la costruzione di nuove strutture sul territorio, non è soltanto il gigante dell’ecommerce Amazon. Come si legge su Protocol, il presidente del San Francisco Board of Supervisors – un ente pubblico – ha avanzato l’idea di stoppare l’apertura di tutti i centri e magazzini in previsione legati al mondo della logistica e dell’ecommerce. Il motivo è stato spiegato in un comunicato stampa, in cui si sottolineano le necessità di analizzare l’impatto che, ad esempio, i fullfilment center di Amazon hanno sulle zone limitrofe. Stando ai dati resi noti da uno studio di Consumer Reports, sembrerebbe che la presenza di strutture simili abbia peggiorato la qualità di vita dei quartieri.

San Francisco: i timori di un quartiere

“I residenti vicino ai nuovi magazzini – si legge nelle conclusioni del report, che non si riferisce soltanto al caso di San Francisco – stanno affrontando un aumento dell’inquinamento atmosferico causato da camion e furgoni; le strade sono più pericolose per i bambini che camminano o vanno in bicicletta”. In più rumore e traffico sono costanti nell’arco della giornata. Stando alla stampa locale, la proposta di moratoria di 18 mesi richiederà un voto nei prossimi mesi. A spingere il presidente del San Francisco Board of Supervisors, Shamann Walton, ad avanzare l’idea di stoppare i nuovi cantieri è il progetto che Amazon ha Showplace Square.

Andy Jassy, Ceo di AmazonQui la multinazionale di Seattle ha acquistato per 200 milioni di dollari un’area per costruirvi il suo più grande magazzino a San Francisco. Un polo da cui, a pieno regime, dovrebbero partire 200 furgoni al giorno. La zona, per decenni, ha visto il traffico costante di camion della spazzatura. Chiusa quella lunga parentesi, il quartiere ha cambiato volto, anche grazie all’espansione del campus del California College of the Arts. I residenti temono ora che l’arrivo di uno stabilimento Amazon possa rovinare l’equilibrio raggiunto.

L’espansione territoriale di Amazon

Amazon non ha commentato la proposta di moratoria e, senz’altro, il gigante dell’ecommerce potrà rispondere alle critiche dichiarando che saranno garantiti nuovi posti di lavoro. Riprendendo alcuni elementi dal libro di Brad Stone, Amazon. L’impero, è interessante analizzare l’evoluzione che in due decenni ha portato l’azienda dall’avere pochissimi e isolati magazzini al controllo di una rete fitta e sempre più vicina ai clienti finali. Nel 1999 l’azienda aveva appena sette magazzini negli USA e tre in Europa: tutte strutture poste in luoghi isolati.

“Ad agosto 2017 – scrive Stone – la supply chain di Amazon era molto diversa. Era composta da circa 140 centri di distribuzione negli Stati Uniti e qualche dozzina all’estero, molti dei quali in aree urbane e popolati da tozzi robot arancioni che andavano e venivano dai dipendenti trasportando i prodotti sui loro scaffali gialli. Amazon possedeva inoltre centinaia di nuovi edifici più piccoli: centri di smistamento che organizzavano i pacchi classificandoli per codice postale, centri Prime Now per la spesa alimentare, delivery station in cui gli autisti a contratto prendevano i pacchi da consegnare ai clienti, hub negli aeroporti per una nuova flotta di lucenti aerei cargo con la scritta Prime Air in blu sulla fusoliera”.

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