21Jul

Il 2024 segna l'inizio di una nuova, entusiasmante avventura per Metiva Academy. Grazie all'accreditamento Erasmus+, il nostro Centro Studi entra in una fase di internazionalizzazione e innovazione educativa senza precedenti. Ma questo è solo l’inizio di un viaggio che ci porterà a plasmare nuove opportunità per educatori e discenti, con l'obiettivo di lasciare un segno nel panorama formativo europeo fino al 2027. In questo primo capitolo, esploriamo come tutto ha avuto inizio.

Quando, alla fine del 2023, abbiamo ricevuto la notizia dell'accreditamento Erasmus+ nel settore dell’Educazione degli Adulti, è stato come vedere il frutto di anni di impegno prendere finalmente forma. Per il Centro Studi Metiva Academy, questo riconoscimento rappresenta molto più di un semplice traguardo; è il primo passo verso una trasformazione profonda che coinvolgerà il nostro team, i nostri discenti e la comunità che ci circonda. Ma soprattutto, è l'inizio di una storia fatta di crescita, scoperta e innovazione che durerà fino al 2027, lungo tutto il settennato Erasmus+.

Il concetto olistico è al centro della nostra missione. Ci piace pensare al percorso formativo non come una somma di esperienze isolate, ma come un viaggio interconnesso in cui ogni momento, ogni sfida, contribuisce a un risultato più grande. E questo accreditamento ci permette di aprire nuove porte, non solo per il nostro staff educativo, ma anche per gli adulti che partecipano ai nostri programmi. Immaginate un educatore che parte per un’esperienza di job shadowing in un’altra realtà europea, osservando come vengono applicate metodologie innovative di insegnamento, o un gruppo di discenti che si immerge in workshop internazionali che utilizzano tecnologie come la Realtà Virtuale e l'Intelligenza Artificiale.Non stiamo solo creando opportunità di apprendimento. Stiamo piantando i semi per un cambiamento culturale e professionale che arricchirà tutti coloro che parteciperanno alle nostre attività nei prossimi anni.

Uno dei primi momenti simbolici di questo percorso sarà l’incontro, ad ottobre, con la delegazione di Ispettori dalla Catalogna, anch'essi accreditati per il programma Erasmus+. Sarà un confronto tra due visioni, due modalità di lavoro, ma con un obiettivo comune: creare opportunità di apprendimento inclusivo e digitale per adulti, ovunque si trovino. Insieme, condivideremo esperienze, discuteremo di approcci didattici, e analizzeremo come tecnologie emergenti possano migliorare l’insegnamento e l’apprendimento.

Ma non finisce qui. Il nostro obiettivo non si limita al breve termine: ci stiamo preparando per un settennato di continue evoluzioni, che ci porterà a rivedere e migliorare costantemente i nostri metodi di lavoro, sempre in linea con gli standard di qualità di Erasmus+. Vogliamo che ogni singolo partecipante — che si tratti di un educatore, un discente o un partner — senta di far parte di qualcosa di più grande, di un progetto che mira a creare un impatto duraturo.Da qui al 2027, vediamo Metiva Academy crescere in una rete sempre più forte di collaborazioni internazionali, dove le competenze acquisite durante le mobilità saranno reinvestite per migliorare la nostra offerta formativa. Saremo protagonisti di un processo di internazionalizzazione che trasformerà non solo le vite dei nostri discenti e educatori, ma anche il tessuto sociale in cui operiamo.

Nelle prossime settimane, condivideremo gli aggiornamenti di questo straordinario viaggio. Attraverso il nostro blog, racconteremo le storie dei protagonisti, le sfide affrontate e i successi raggiunti. Ogni esperienza sarà una tessera del mosaico che ci porterà fino alla fine del settennato Erasmus+.Questo è solo l’inizio di un racconto che ci accompagnerà fino al 2027, e non vediamo l’ora di condividere ogni singolo passo con voi.


Seguiteci su Metiva Academy per scoprire di più sul nostro percorso Erasmus+ e restare aggiornati sulle attività e le storie di chi parteciperà a questa avventura internazionale!

02Feb

Quando si pensa alla formazione, si possono immaginare diversi scenari applicativi: la scuola, l’università, il tempo libero, l’azienda. In ognuna di queste situazioni la formazione viene declinata diversamente: lo scopo finale è generare apprendimento ma le modalità possono davvero essere molto diverse


Quando ci riferiamo alla formazione nelle organizzazioni, serve tenere a mente che non è l’attività erogativa della formazione che produce risultati. Se il risultato atteso è l’apprendimento organizzativo – ossia la trasformazione di comportamenti verso la direzione delle esigenze aziendali e dei lavoratori – allora questo dipende strettamente dall’approccio macro-progettuale. La formazione è una pratica sociale (ossia basata sulle relazioni tra più soggetti) inserita in un ambiente di riferimento specifico (l’organizzazione aziendale). È in costante relazione con dimensioni ancora più estese: il mercato dei beni, dei servizi e del lavoro, le istituzioni, gli aspetti normativi, etc. Rendere questa pratica davvero produttiva richiede di considerare con la giusta attenzione professionale e manageriale gli altri tre criteri: scelta di scopo e target (S), scelta del momento giusto (A) e la valorizzazione dei risultati (R). Che la formazione sia un processo e che debba essere ottimizzato è noto a tutti gli esperti del settore. Dovremmo però riconoscerci la responsabilità di diffondere questa consapevolezza anche tra tutti gli altri attori aziendali. In caso contrario il rischio è che si confonda la formazione con altre pratiche: dalla comunicazione interna all’informazione o alla propaganda. Oppure, peggio ancora, che si ricerchi negli strumenti (l’affannosa ricerca all’ultimo digital tool) una soluzione a criticità che possono essere prevenute e superate solo attraverso una maggiore consapevolezza strategica. Un solo momento (One Stop) per fermarti e riflettere su quale tipo di apprendimento ti farà guadagnare di più: un’informazione? Una comunicazione a più vie? Una riunione di brainstorming? O un momento formativo di diverse ore, in un’ambiente protetto e che stimola al pensiero creativo? Qualunque sia la necessità formativa del momento, qui potrai trovari gli stimoli giusti a trasformare la formazione in produzione di servizi e di conseguenza, in fatturato.

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04Aug

Competenza, Talento e Comunicazione

Tutto il mondo sta sperimentando in queste settimane, in questi mesi, sulla propria pelle gli effetti del cambiamento forzato e necessario dato dalla diffusione del coronavirus. Un completo rivoluzionamento di approccio e prospettiva che ha trovato l’intera comunità globale in affanno, impreparata e sorpresa.

Sono già passati diversi giorni, siamo a metà cammino e abbiamo già affrontato diverse fasi: l’incredulità, l’ostinazione (a non voler credere che fosse tutto vero), la reazione (a pensare che si ammalassero solo in pochi), ed ora siamo nella staticità.

 L’esperienza umana vuole che la staticità sia necessaria per prendere consapevolezza del potenziale che porta con sé questa crisi mondiale.La consapevolezza, è invece, indispensabile per procedere all’azione!  Ora che siamo stati forzati a “RESETTARE” abbiamo forse davanti un foglio bianco su cui ridisegnare il futuro, dobbiamo perdere le brutte abitudini, ristrutturare sistemi educativi e lavorativi inefficienti ed insostenibili, favorire l’adozione di nuove procedure e metodologie che permetterebbero un’immediata ottimizzazione del processo produttivo e di crescita culturale.Siamo a metà cammino e per intravedere la luce alla fine del tunnel potremmo aver bisogno del cosidetto Scaffolding di Vygotskij.Ci serve per riscoprire i talenti che abbiamo dimenticato di avere o che ancora non ri-conosciamo in noi. E ci serve per costruire Know-how diversi. Saperli comunicare e usare. Negli ultimi mesi, sui social, gira l’immagine delle zone di sviluppo prossimale made in Covid-19.Vygotskij, considerava il bambino come dotato di un potenziale che gli permette di acquisire nuove conoscenze nel momento in cui entra in contatto con soggetti aventi una maturazione cognitiva e una cultura maggiore di quella presentata dal bambino stesso. Questo scambio di competenze avviene nella zona di sviluppo prossimale e l’aiuto e il supporto fornito al bambino da un adulto (genitore o tutor) prende il nome di scaffolding . Tutti noi siamo un po' bambini e un po' adulti davanti a questa pandemia che sappiamo solo inseguire. Per non inseguire il passato ma usare questo tempo, davvero, per cambiare ed essere pronti per il futuro, abbiamo bisogno di sostegno e di visione, sia per l’apprendimento a scuola che sul lavoro.Nel rincorrere la fine del tunnel abbiamo imparato velocemente a convivere con parole nuove per la nostra quotidianità: “restrizione”, “lavoro agile”, “smart working”, “conference call” “protezione individuale” e altre espressioni ormai non solo appannaggio per pochi. Ciò che è successo, è che ci siamo formati tutti (docenti e formatori-progettisti) molto velocemente. Stiamo adattandoci ad un meccanismo che possa includere veramente tutti (con provvedimenti veloci da parte del Ministero dell’Istruzione e delle aziende), al fine di superare quei vincoli culturali che avrebbero potuto fermare il Paese. Insegnanti, educatori, studenti e lavoratori hanno imparato ad utilizzare velocemente la tecnologia (sostenendosi gli uni con gli altri in un lavoro in cui la scuola e il lavoro sono entrati nelle case delle persone), grazie anche alla condivisione di queste tecnologie che erano già disponibili e che ora lo sono molto di più.Ecco che il termine Scaffolding ha una sua valenza concettuale che ben si applica alla nostra situazione attuale. Abbiamo bisogno di una ricetta facile e veloce per passare dalla consapevolezza all’azione.
Per non rimanere nel passato, un passato che non troverà più lo stesso sistema. E per imparare a gestire il cambiamento attraverso strategie di adattamento     trasformazione      evoluzione. La scuola come il lavoro deve imparare ora a valutare le competenze per “obiettivi raggiunti” e deve realizzare “attività didattiche-formative che stimolino a costruire progetti intorno a ciò che si apprende”.Sopravvive chi attua piani. Sopravvive ed esce dal tunnel pronto e preparato, chi costruisce sia per la scuola che per il lavoro strutture di supporto necessarie alla “ricostruzione del sé”, dopo aver raccolto e riconosciuto i propri talenti, insegnato a comunicarli e ad usarli nel nuovo mondo.   Il termine scaffolding deriva dalla parola inglese scaffold, che, letteralmente, indica “impalcatura” o “ponteggio”, ovvero attrezzi usati dagli operai per svolgere un lavoro di costruzione. Quindi, così come gli operai costruiscono una casa, l’adulto o il tutor aiuta “il bambino” a costruire le proprie competenze cognitive. In psicologia e pedagogia, insomma, il termine scaffolding è usato per indicare l’aiuto, il sostegno, dato da una persona competente a un’altra, per apprendere nuove nozioni o abilità (Wood, Bruner, & Ross, 1976).Ognuno possiede un potenziale cognitivo che può essere arricchito e corredato per mezzo dell’interazione con una persona più competente. Lo spazio dell’interazione, zona di sviluppo prossimale, costituisce una area di apprendimento in cui le capacità cognitive “del bambino” aumentano e possono essere sviluppate delle nuove forme di conoscenza. Per passare dalla staticità all’azione, abbiamo bisogno dello scaffolding.Abbiamo bisogno di raccogliere il knwo-how di tutti e condividerlo, adattarlo, trasformarlo ed evolverlo. Questo potrebbe essere il vero cambiamento!Lo dobbiamo usare quando uno studente o discente è in difficoltà nell’ambito dell’acquisizione di nuove nozioni in ambito scolastico o lavorativo. Dobbiamo sostenere le richieste di aiuto (ancora troppo silenziose) e riportarle alle persone che svolgono specificamente il ruolo di tutor nell’apprendimento, il cui scopo finale è far diventare autonomo l’allievo nell’attuazione del metodo acquisito. In questo modo entrano in gioco sia lo scaffolding sia il fading.  Alla fine dell’attuazione di queste procedure, lo studente-discente presenterà una maggiore fiducia nelle proprie capacità cognitive e comportamentali, fino a sentirsi più esperto nel sapere in generale. Chiaramente, questa prassi porta a incrementare anche l’autostima e la fiducia in se stessi, ottima medicina per affrontare al meglio gli ostacoli e le incertezze di questo periodo.La tecnologia e l’uso di strumenti digitali per non perdere la relazione umana, ha attuato un cambiamento anche nei processi di apprendimento. Infatti, la relazione tra tutor e studente è stata mediata dall’interazione tra macchina e studente-discente.Grazie a questo nuovo binomio tecnologia-tutor è possibile apprendere e immagazzinare informazione in memoria attraverso tecniche diverse dalle precedenti. Sicuramente è la nuova era dell’apprendimento e della conoscenza che porta all’acquisizione più immediata e repentina di processi. Questa nuova modalità è stata già definita dimensione ‘tecnologica dello scaffolding (Pea, 2004).  Se riusciamo a portare nuovamente l’uomo e la natura, insieme, al centro, introducendo il concetto di cura della persona, conoscenza e riconoscimento dei propri talenti, arriveremmo ad una nuova prosperità, quale sinonimo anche di rigenerazione.

Gabriella Russo

03Jun

Cosa sta accadendo alla scuola e al lavoro in tempo di pandemia?


Il distanziamento sociale, sostiene un’analisi del MIT Technology Review, durerà ben più di qualche settimana. Lo dimostra una simulazione dell’Imperial College di Londra. In un certo senso, accompagnerà la vita e il lavoro di tutti per sempre. Con un'esplosione dei servizi di una nuova Shut-in Economy.“Stiamo cambiando quasi tutto quello che facciamo: come studiamo, lavoriamo, facciamo esercizio fisico, socializziamo, facciamo shopping, gestiamo la nostra salute, educhiamo i nostri figli, ci prendiamo cura dei nostri familiari”. “La maggior parte di noi probabilmente non ha ancora capito, e lo farà presto, che le cose non torneranno alla normalità dopo qualche settimana, o addirittura dopo qualche mese. Alcune cose non torneranno mai più”.

Quello che sta accadendo è davvero un’opportunità o l’ennesimo disastro che potevamo evitare?Prendiamo in considerazione la scuola e il lavoro. Cosa hanno in comune e cosa li differenzia in epoca di pandemia? La tecnologia ha un ruolo nuovo, siamo capaci di usarla al meglio?Quasi da un giorno all’altro sono scuola e azienda che vanno dagli studenti e dai lavoratori e ci vanno con quello strumento che fino a poco tempo fa, invece, li allontanava: la tecnologia.Con un fortissimo cambio di significato, si ristabilisce un’alleanza con gli adulti, nel caso degli studenti, con le imprese, nel caso dei lavoratori. Si rompe il silenzio che regnava da troppo tempo.Paradossalmente, imporre misure di distanziamento, ha reso più forte l’alleanza tra opposti che per anni non si sono parlati più.Nel nostro sistema (di prima), non eravamo preparati a parlare davanti ad una telecamera. Il sapere di uno, diventa ora, il sapere dell’altro. Si lavora di più da casa che quando si entrava in aula o in ufficio. Siamo continuamente connessi, con la paura di perdere qualche pezzo di informazione e rimanere in isolamento non solo fisico, cognitivo, ma anche sociale (in senso organico), emozionale.Scienziati affermano che non finirà qui. Finché qualcuno nel mondo avrà il virus, le epidemie continueranno a ripetersi, senza controlli rigorosi per contenerle e imporre misure di distanziamento sociale più estreme ogni volta diventerà il nuovo modus vivendi.Come si misura la "distanza sociale"? I ricercatori la definiscono così: "Tutte le famiglie riducono del 75% i contatti al di fuori della famiglia, della scuola o del posto di lavoro". Significa che ognuno fa tutto il possibile per ridurre al minimo i contatti sociali e, nel complesso, il numero di contatti diminuisce del 75%.Secondo questo modello, concludono i ricercatori, il distanziamento sociale e la chiusura delle scuole dovrebbero essere in vigore per circa due terzi del tempo, attivo due mesi e un mese in pausa, fino a quando non sarà disponibile un vaccino, il che richiederà almeno 18 mesi (se funziona).Diciotto mesi!? Sicuramente ci devono essere altre soluzioni. Si potrebbe imporre restrizioni per un solo lungo periodo di cinque mesi? Non va bene neanche così: una volta eliminate le misure di distanziamento, la pandemia scoppierebbe di nuovo, solo che questa volta sarebbe in inverno, il momento peggiore per sistemi sanitari già troppo tesi.E se si decidesse di essere brutali, fissando una soglia molto più alta del numero di ricoveri in terapia intensiva oltre la quale innescare il distanziamento sociale, accettando quindi che molti più pazienti muoiano? A quanto pare non fa molta differenza. Anche negli scenari meno restrittivi, saremmo nel sacco in più della metà del tempo.Quindi, non si sta parlando di un'interruzione temporanea. È l'inizio di uno stile di vita completamente diverso.Studiare, lavorare, vivere in uno stato di pandemiaSecondo Technology Review, a breve termine ciò sarà estremamente dannoso per le imprese che contano su un gran numero di persone che si riuniscono in massa: ristoranti, caffè, bar, discoteche, palestre, hotel, teatri, cinema, gallerie d'arte, centri commerciali, fiere dell'artigianato, musei, musicisti e altri artisti, luoghi sportivi (e squadre sportive), sedi di congressi (e produttori di congressi), compagnie di crociera, compagnie aeree, trasporti pubblici, scuole, centri diurni. Per non parlare dello stress dei genitori spinti a far studiare a casa i loro figli con i limiti che arriveranno dopo ore di uso del pc, mancanza di sonno e di sport, disordini alimentari etc…La scuola sta capendo che questa esperienza resta nella memoria di professori e alunni. Succede che gli studenti che prima non ascoltavano i professori, si immergevano nella tecnologia, oggi, ascoltano e vogliono ascoltare. Imparano ad ascoltare nel silenzio esterno. Ed abituati al rumore, la voce del prof al dì la dello schermo diventa suono da ascoltare attentamente. Lo stesso per i lavoratori. Dopo i primi minuti di smarrimento, alla ricerca di applicazioni e in auto-formazione, ora sono pronti e attenti ad ogni minima richiesta. Perché lavorare da casa, come studiare, richiede maggiore attenzione, più plasticità mentale e diversa consapevolezza su ciò che si trasmette, solo con il verbale.Eh si, perché l’incidenza della comunicazione visiva è talmente bassa (15%) da non essere quasi percepita. Poco importa lo sfondo dietro le spalle, l’abbigliamento informale o lo sguardo assonnato. Ciò che conta è capirsi, ascoltarsi, rispondersi.In soli 15gg, la tecnologia è rientrata al suo posto, come strumento di mediazione che non può sostituire l’umano. Molti studenti dichiarano di apprezzare di più le spiegazioni quando sono on line e possono registrarle e riascoltarle.Lo stesso lo sta sperimentando il lavoratore che scappava dalle lunghe giornate lavorative, immergendosi appena possibile nella stessa tecnologia dei nostri ragazzi per poi rimanere fuori dai meccanismi di comunicazione per l’alleanza della conoscenza.Ci sarà comunque una stagione di adattamento per tutti, ma quale sarà il ruolo di chi si occupa di educazione e formazione?Possiamo immaginare che verrà demandato a docenti e formatori il compito di aiutare e sostenere alunni e discenti non più nella crescita personale e professionale, quanto nel dare una dimensione di essenziale di auto-cura ad entrambe.A breve termine, probabilmente troveremo compromessi imbarazzanti che ci permetteranno di mantenere una certa parvenza di vita sociale. Forse le sale cinematografiche toglieranno metà dei loro posti, le riunioni si terranno in sale più grandi con sedie distanziate, e le palestre richiederanno di prenotare gli allenamenti in anticipo, in modo che non si affollino.In definitiva, verrà ripristinata la capacità di socializzare in sicurezza, ci si formerà sempre di più su questo, sviluppando modi più sofisticati per identificare chi sia a rischio di malattia e chi no, e discriminando (purtroppo) legalmente chi lo è.Si possono vedere i primi segnali nelle misure che alcuni paesi stanno prendendo. Israele utilizzerà i dati di localizzazione dei cellulari, con cui i suoi servizi segreti rintracciano i terroristi, per rintracciare le persone che sono state in contatto con i portatori noti del virus. Singapore effettua una ricerca esaustiva dei contatti e pubblica dati dettagliati su ogni caso conosciuto, tutti tranne l'identificazione delle persone per nome.Naturalmente nessuno sa esattamente come sarà questo nuovo futuro. Ma si può immaginare un mondo in cui, per salire su un volo, forse si dovrà essere iscritti a un servizio che tracci i vostri spostamenti attraverso il vostro telefono. La compagnia aerea non sarebbe in grado di vedere dove siete andati, ma riceverebbe un avviso se foste stati vicini a persone infette o a punti caldi della malattia. Ci sarebbero requisiti simili all'ingresso di grandi spazi, edifici governativi o snodi di trasporto pubblico. Scanner della temperatura installati ovunque, a scuola o sul posto di lavoro potrebbe richiedere l'uso di un monitor che misuri la temperatura o altri segni vitali. Dove i locali notturni chiedono una prova dell'età, in futuro potrebbero chiedere una prova di immunità, una carta d'identità o una sorta di verifica digitale tramite il telefono, che dimostri che si è già guariti o che si è stati vaccinati contro gli ultimi ceppi del virus.Ci si adatterà anche a queste misure, la sorveglianza invasiva sarà considerata un piccolo prezzo da pagare per la libertà fondamentale di stare con altre persone.Come al solito, però, il vero costo sarà sostenuto dai più poveri e dai più deboli. Le persone che hanno meno accesso all'assistenza sanitaria, o che vivono in zone più esposte alle malattie, saranno ora più frequentemente escluse dai luoghi e dalle opportunità aperte a tutti gli altri (soprattutto i luoghi dell’educazione e del lavoro). I gig-worker, quelli che fanno lavoretti e sono molto in giro, come autisti, idraulici, istruttori di yoga freelance,  vedranno il loro lavoro diventare ancora più precario. Gli immigrati, i rifugiati, i clandestini e gli ex detenuti dovranno affrontare l'ennesimo ostacolo all'ingresso nella società.Il mondo è cambiato molte volte, e sta cambiando di nuovo. Tutti noi dovremo adattarci a un nuovo modo di vivere, di studiare, lavorare e di creare relazioni. Fondamentale questa esperienza perché segnata da emozioni di solidarietà tra chi fa parte di una stessa comunità.Il futuro è un punto di non ritorno per chi lo ha sperimentato: non solo per i ragazzi, ma anche per i docenti, le famiglie, gli adulti in genere.Ma come per tutti i cambiamenti, ci saranno alcuni che ci perderanno più degli altri, e saranno quelli che hanno già perso troppo. Il meglio che possiamo sperare, è che la profondità di questa crisi costringa finalmente i Paesi (tutti), a porre rimedio alle palesi ingiustizie sociali che rendono così intensamente vulnerabili ampie fasce della loro popolazione.

05Jul

Occorre tempo per studiare l’impatto sul territorio

A essere interessati dalla proposta di moratoria di 18 mesi, che impedirebbe la costruzione di nuove strutture sul territorio, non è soltanto il gigante dell’ecommerce Amazon. Come si legge su Protocol, il presidente del San Francisco Board of Supervisors – un ente pubblico – ha avanzato l’idea di stoppare l’apertura di tutti i centri e magazzini in previsione legati al mondo della logistica e dell’ecommerce. Il motivo è stato spiegato in un comunicato stampa, in cui si sottolineano le necessità di analizzare l’impatto che, ad esempio, i fullfilment center di Amazon hanno sulle zone limitrofe. Stando ai dati resi noti da uno studio di Consumer Reports, sembrerebbe che la presenza di strutture simili abbia peggiorato la qualità di vita dei quartieri.

San Francisco: i timori di un quartiere

“I residenti vicino ai nuovi magazzini – si legge nelle conclusioni del report, che non si riferisce soltanto al caso di San Francisco – stanno affrontando un aumento dell’inquinamento atmosferico causato da camion e furgoni; le strade sono più pericolose per i bambini che camminano o vanno in bicicletta”. In più rumore e traffico sono costanti nell’arco della giornata. Stando alla stampa locale, la proposta di moratoria di 18 mesi richiederà un voto nei prossimi mesi. A spingere il presidente del San Francisco Board of Supervisors, Shamann Walton, ad avanzare l’idea di stoppare i nuovi cantieri è il progetto che Amazon ha Showplace Square.

Andy Jassy, Ceo di AmazonQui la multinazionale di Seattle ha acquistato per 200 milioni di dollari un’area per costruirvi il suo più grande magazzino a San Francisco. Un polo da cui, a pieno regime, dovrebbero partire 200 furgoni al giorno. La zona, per decenni, ha visto il traffico costante di camion della spazzatura. Chiusa quella lunga parentesi, il quartiere ha cambiato volto, anche grazie all’espansione del campus del California College of the Arts. I residenti temono ora che l’arrivo di uno stabilimento Amazon possa rovinare l’equilibrio raggiunto.

L’espansione territoriale di Amazon

Amazon non ha commentato la proposta di moratoria e, senz’altro, il gigante dell’ecommerce potrà rispondere alle critiche dichiarando che saranno garantiti nuovi posti di lavoro. Riprendendo alcuni elementi dal libro di Brad Stone, Amazon. L’impero, è interessante analizzare l’evoluzione che in due decenni ha portato l’azienda dall’avere pochissimi e isolati magazzini al controllo di una rete fitta e sempre più vicina ai clienti finali. Nel 1999 l’azienda aveva appena sette magazzini negli USA e tre in Europa: tutte strutture poste in luoghi isolati.

“Ad agosto 2017 – scrive Stone – la supply chain di Amazon era molto diversa. Era composta da circa 140 centri di distribuzione negli Stati Uniti e qualche dozzina all’estero, molti dei quali in aree urbane e popolati da tozzi robot arancioni che andavano e venivano dai dipendenti trasportando i prodotti sui loro scaffali gialli. Amazon possedeva inoltre centinaia di nuovi edifici più piccoli: centri di smistamento che organizzavano i pacchi classificandoli per codice postale, centri Prime Now per la spesa alimentare, delivery station in cui gli autisti a contratto prendevano i pacchi da consegnare ai clienti, hub negli aeroporti per una nuova flotta di lucenti aerei cargo con la scritta Prime Air in blu sulla fusoliera”.